è stato creato un folder in dropbox sul quale caricare gli elaborati intermedi per le revisioni delle esercitazioni 1,2 e 3
avete ricevuto una email di invito per condividere il folder che si chiama cercando casa
queste le istruzioni:
1. installare l'applicazione dropbox (se già non l'avete) in modo da avere sempre la catella sul vostro pc
2. creare all'interno del folder principale (cercando casa) una sottocartella per ciascun gruppo che si nominerà con i due cognomi
3. caricare i files per la revisione esclusivamente in formato pdf
4. nominare i files come segue: aa_mm_gg_cognome_cognome_01 e progressivi
5. non cancellare mai per nessun motivo i files dal folder perchè altrimenti scompaiono dal server
6. se volete copiare i files sul vostro pc non trascinate l'icona ma cliccate copia e incolla
buon lavoro
martedì 30 ottobre 2012
domenica 28 ottobre 2012
mercoledì 24 ottobre 2012
ESERCITAZIONE 1
Università
degli studi di Genova Facoltà di architettura
Laboratorio di progettazione architettonica Ib
arch. Massimiliano Giberti
24.10.12
01 azione:RIUSARE _ strumento:CORPO UMANO
forme e modalità di occupazione dello spazio domestico da
parte del corpo umano
Esercitazione
01
La
prima esercitazione ha come obiettivo il riuso di un edificio residenziale
moderno progettato tra gli anni ’20 e gli anni ’50 del secolo scorso.
Attraverso l’uso improprio dello spazio domestico vengono messi in crisi i
modelli sociali e culturali che ne hanno guidato il disegno. Modalità di
aggregazione delle cellule abitative, sistemi distributivi, accessi, spazi
collettivi, divisioni interne: ogni elemento viene riletto e riusato simulando
diversi programmi funzionali. Il risultato è una forma di colonizzazione non
programmata e non controllabile che porterà a risultati sempre diversi in
relazione alle scelte di ogni singolo individuo.
Tre
i modelli insediativi: a corte, a torre , in linea. Per ciascun modello gli
studenti affronteranno lo studio di un edificio paradigmatico, del quale
dovranno reperire disegni, dati, letture critiche e bibliografie.
Edificio
a corte: prototipo IMMEUBLE VILLA Le
corbusier, 1922 (non realizzato)
Edificio a torre: Lake Shore Drive Apartment Ludwig Mies Van Der Rohe
1951
Edificio in
linea: Casa A _Forte Quezzi _ Luigi Carlo Daneri _ 1956
L’esercizio prevede il RIUSO dell’edificio moderno attraverso un nuovo
programma insediativo che sostituisca al 50% della superficie originariamente
dedicata alla residenza, nuovi spazi di relazione. Il nuovo organismo
architettonico si aprirà a usi molteplici che prevedono la presenza
contemporanea dei residenti abituali e di fruitori « pubblici » che
abiteranno la struttura in modo temporaneo.
Ogni
studente dovrà sviluppare un programma funzionale per il riuso dell’edificio
moderno nel quale vengano specificati:
accessi e
distribuzioni
spazi
privati, semiprivati e collettivi
funzioni
speciali inserite
modalità di
fruizione da parte dei non residenti
lettura critica
1. ricerca materiale edificio moderno oggetto
dell’esercitazione
(piante, sezioni, prospetti, inserimento urbanistico,
immagini…)
2. individuazione e quantificazione degli spazi
collettivi e distributivi edificio moderno, realizzazione schemi esplicativi
dei dati ottenuti
progetto
1.
realizzazione modello di studio edificio moderno SCALA 1:200
2.
ridisegno degli spazi collettivi assegnando al
50% della superficie abitabile il valore di spazio relazionale così
distribuito:
_25%
spazi aperti
_15%
servizi
_10%
spazi chiusi
3.
realizzazione modello e disegni di studio in
scala opportuna del
progetto
Per ogni progetto verrà prodotto un manifesto in formato A3
(42x29,7 cm.) che riporti il titolo ed il programma funzionale, piante e
sezioni ed una o più immagini che riproducano il nuovo spazio collettivo.
Le tecniche per la
realizzazione del manifesto sono libere, dal collage al fotomontaggio, al
modello tridimensionale fotografato.
Il manifesto dovrà essere
riprodotto in formato digitale e verrà proiettato in aula durante la
presentazione dei lavori in forma pubblica. Le immagini devono categoricamente
essere 42 x 29,7 cm .
a 120 dpi in estensione jpg.
BIBLIOGRAFIA EDIFICI MODERNI
Lake Shore Drive Apartment
_ Mies Van Der Rohe 1951
1.
J.L. Cohen, Mies Van Der Rohe
2.
Galliani, Tecnologia del costruire
3.
Drexler, Mies Van Der Rohe
4.
Max Bill, Mies Van Der Rohe
5.
rivista AV n°92 anno 2001, Mies Van Der Rohe
Immeuble
villà _ Le Corbusier _ 1922
1.
Le Corbusier, L’Urbanisme
2.
G. Glesleri, L’Esprit Nouveau
3.
Le Corbusier,
Le Ville Radieuse
4.
G. Glesleri, Le Corbusier 80
drawings
5.
R. Gabetti, Le Corbusier et L’Esprit
Nouveau
Casa A _Forte
Quezzi _ Luigi Daneri _ 1956
1.
Pietro D.
Patrone, Daneri, introduzione di Enrico D. Bona, Genova, Sagep,
1982.
2.
Marco Brandoliso e
Marco Vido, Daneri e Genova, Itinerario di Domus n. 59, allegato
a Domus n. 718, agosto 1990.
3.
Paolo Cevini, Genova
anni ’30: da Labò a Daneri, Genova. Sagep, 1989.
4.
Francesco
Rosadini, Luigi Carlo Daneri. Razionalista a Genova, Torino, Testo
& Immagine, 2003.
5.
Mauro Moriconi e
Francesco Rosadini, Genova 900. L'architettura del Movimento Moderno,
Torino, Testo & Immagine, 2004
martedì 23 ottobre 2012
lunedì 22 ottobre 2012
venerdì 19 ottobre 2012
giovedì 18 ottobre 2012
mercoledì 17 ottobre 2012
ESERCITAZIONE 0
Università degli studi di Genova
Facoltà di architettura
Laboratorio
di progettazione architettonica IB arch. Massimiliano Giberti
Occupazione Impropria dello spazio Pubblico 17.10.12
Il
progetto dello spazio collettivo come evento
Esercitazione
0
Obiettivi e metodi
definizione del campo
Immagino
di trovarmi davanti, su un terreno piano, due cubi dell’apparente misura di sei
metri di lato. Ma si tratta di due cubi astratti, chiusi, senza qualità di
superficie, senza spessore, senza colore, come in un quadro del periodo
surrealista di De Chirico: lo stesso terreno è astratto, incorporeo come quello
di un palcoscenico, e il cielo è inesistente, nero opaco. La luce ha una
precisa inclinazione, tanto che alcune facce sono illuminate, altre in ombra,
altre ancora in penombra, e l’ombra di un cubo investe l’altro, ma non vedo la
fonte della luce.
Sono
cubi leggeri, che con una sola mano posso spostare: ed ecco che ne vengono a
me, a seconda della posizione reciproca dei due solidi, sensazioni spaziali
diverse: ora sono paralleli, quasi accostati, e posti sulla stessa linea; ora
sono più distanti e posso passare fra i due, e la sensazione rimane statica,
perché viene mantenuto l’allineamento e quindi il parallelismo, anzi l’apertura
fra i due determina una simmetria che accenta l’equilibrio statico. Ma se uno
di essi si muove, e girando su se stesso pone uno dei suoi spigoli verso il
centro di una delle facce dell’altro, lasciando solo un paio di metri perché io
possa passare, io lì in mezzo avrò una sensazione completamente diversa da
quella di poco prima: avrò una sensazione spaziale fortemente dinamica e
“acuta”, ma questa sensazione diminuirà via via se la distanza fra la faccia e
lo spigolo aumenterà.
Supponiamo
ora che mi sia possibile entrare in uno dei due cubi, attraverso una porta al
centro di una delle facce verticali. Visto e percepito dall’interno, il cubo è
cosa completamente diversa dallo stesso visto, percepito dall’esterno. Si
tratta di un’unica e sola figura geometrica: ma la geometria è un’astrazione
mentre un cubo che io posso vedere da fuori o nel quale posso entrare è una
realtà spaziale.[1]
Lo
spazio è il campo disponibile per gli oggetti della realtà in quanto si
considerino individuati da una collocazione e da una posizione, dotati di
dimensioni e capaci di spostamento.
Per
le arti figurative lo spazio è il rilievo estetico che assumono i valori
volumetrici degli oggetti posti fra loro secondo determinati rapporti di
posizione e distanza.
Ogni manifestazione artistica è la sintesi di sempre diversi modi di
concepire lo spazio, modi tratti da sempre diverse ed originali esperienze
culturali.
Lo
spazio, o meglio, la rappresentazione di esso vede interrelata la concezione
dello spazio nelle varie culture in quanto l’evoluzione del concetto di spazio
muta al variare della riflessione politica, socio-culturale, filosofica e
scientifica.
Gli
atteggiamenti verso lo spazio mutano continuamente, talvolta in misura molto
piccola, talvolta in modo basilare. Ma sono state pochissime le concezioni di
spazio sorte lungo l’intero sviluppo dell’uomo. Dentro ciascuna di queste
epoche si sono verificate molte varianti e transizioni; poiché l’atteggiamento
dell’uomo verso lo spazio, sempre in uno stato di sospensione, può cambiare
quasi all’infinito entro l’intelaiatura del concetto dominante.[2]
La
prima coscienza di spazio che si ha è quella di spazio fisico, cioè quella più
direttamente legata all’esperienza sensoriale. Tutto quello che ci circonda è
spazio fisico e noi stessi siamo una porzione di spazio. In questo senso
l’esperienza di spazio sarebbe stata preceduta da un concetto molto più
semplice: il luogo.
E
dunque spazio come sinonimo di ordine di oggetti materiali, per cui non ha
senso parlare di spazio vuoto.
Nel 1974 Henry Lefebvre traccia una linea strutturale per la ricerca
portata avanti da questo laboratorio, asserendo che uno spazio sia dato solo
nel momento in cui un corpo lo occupi, nonostante il fatto che, alcune
caratteristiche proprie dello spazio prescindano dal soggetto collocato in esso
e, in qualche modo, ne condizionino l’esistenza.
Per
Leibniz, in effetti, lo spazio è l’indiscernibile. Per discernere “qualsiasi
cosa” collocata in questo spazio devono essere introdotti assi e origini, un
destra e un sinistra, la direzione e l’orientamento degli assi. Questo non
significa, tuttavia, che Leibniz sposi la tesi soggettivista secondo la quale
l’osservatore costituisce la misura del reale. Al contrario, ciò che Leibniz
afferma è che è necessario per lo spazio l’essere occupato.[3]
Cosa
dunque occupa lo spazio? Un corpo – non corpi generici, né la corporeità - ma
un corpo specifico, un corpo capace di indicare una direzione attraverso un
gesto, di definizione di un area attraverso una rotazione, di demarcazione ed
orientamento dello spazio. Perciò per Leibniz lo spazio è assolutamente
relativo.
E’
nello spazio che i corpi esistono, in questo manifestano la propria esistenza
materiale.
E’
dunque possibile affermare che il corpo con la sua capacità di azione, e le
proprie varie energie, crea lo spazio?
Non
è un’assurdità se si considera che l’occupazione può essere interpretata come
manipolazione dello spazio; piuttosto c’è un’immediata relazione tra il corpo e
il suo spazio, tra la collocazione di un corpo nello spazio e la sua occupazione
dello spazio.
Il
moto dell’uomo nello spazio contribuisce ad una visione cinetica di esso sia
come percezione psico fisica che come reazione sensibile ed estetica; su tale
sensazione influisce il tempo, la forma. La fruizione dello spazio naturale trova
la sua componente nel rapporto uomo-spazio-tempo, ed è caratterizzata per un
senso dall’intrinseca configurazione statica o dinamica delle forme, per
l’altro dalla suggestione cinetica conferita dal moto stesso del fruitore allo
spazio che, svolgendosi in rapida mutazione sotto il suo sguardo, assume una
decisa qualificazione dinamica.
Così
fra l’uomo e l’ambiente viene a determinarsi un rapporto costante,
infinitamente variabile perché tali sono le coordinate spazio-temporali che lo
individuano. Ne consegue una potenziale, continua ricezione dello spazio da
parte del fruitore; perciò egli non resta mai in stato di passività, ma si fa
vero e proprio protagonista della realtà spaziale in quanto egli stesso diviene
interprete e suscitatore di sempre nuovi e rinnovati episodi spaziali.[4]
È
proprio questa itinerante capacità interpretativa e ricreativa che
sostanzialmente invera il senso dell’unità spaziale, cioè della continuità
dello spazio indipendentemente dal mezzo che lo fraziona e caratterizza,
consentendo perciò, al di fuori ed oltre le categorie culturali nelle quali è
distinto, la coscienza di un’unica entità.
Il Progetto dell’Evento
La capacità di uno spazio
collettivo urbano di catalizzare eventi, incontri, scambi culturali è alla base
di questa prima esercitazione. Un luogo, come una piazza, un portico, una
strada, assumono tanto più valore identitario e forza aggregativa nella città
quanto più sono in grado di modificarsi, plasmarsi nella forma e nelle
dimensioni per accogliere eventi diversi e sfaccettati nel susseguirsi dei
periodi storici. La reale forza vitale di un monumento e di uno spazio pubblico
non risiede solo nella sua figura, nell’immagine che di questa si può
riprodurre e ricordare, ma soprattutto nel suo valore d’uso, legato alla memoria
della vita vissuta in quel medesimo luogo,da generazioni, culture e classi
sociali diverse.
Come il corpo umano o i
corpi in movimento possano modificare lo spazio collettivo e quali siano le
regole attraverso le quali queste modificazioni possano essere controllate e
tradotte in termini architettonici e spaziali sono i temi intorno ai quali
lavorare in questa esercitazione.
L’occupazione impropria dello spazio pubblico significa leggere uno spazio urbano consolidato e ricco di
valori simbolici ed identitari, attraverso la messa in crisi delle regole che
ne hanno governato il progetto. Progettare un evento straordinario come un
concerto, o una manifestazione di massa all’interno di uno spazio che nasce per
altre esigenze legate all’uso quotidiano (una strada per il transito di mezzi e
pedoni, un portico per il ricovero di animali e attrezzi, una piazza per il
mercato ecc..) consente di comprendere a fondo le ragioni del disegno dello
spazio collettivo svincolando la forma di un luogo come di un edificio dalla
sua capacità di accogliere eventi mutevoli e programmi d’uso alternativi.
Dati tre luoghi urbani
caratteristici della città di Genova, realizzati in tre epoche storiche
differenti e, attualmente vissuti come importanti spazi collettivi, ogni
studente progetterà per uno dei tre ambiti un evento temporaneo che occupi tale
spazio esaltandone le potenzialità e facendo emergere caratteristiche
specifiche di ogni luogo che non vengono usualmente sfruttate nell’uso
quotidiano degli spazi stessi.
Per ogni evento verrà
prodotto un manifesto in formatoche riporti il titolo ed il
programma temporale dell’evento ed una o più immagini che riproducano il nuovo
spazio collettivo urbano come teatro dell’evento stesso.
Il manifesto sarà un vero e
proprio strumento promozionale per l’evento e dovrà rappresentare in modo
sintetico e diretto l’idea dell’evento ed il modo in cui modificherà lo spazio
pubblico in cui si svolgerà.
Le tecniche per la
realizzazione del manifesto sono libere, dal collage al fotomontaggio, al
modello tridimensionale fotografato, al video.
Il manifesto dovrà essere
riprodotto in formato digitale e verrà proiettato in aula durante la
presentazione dei lavori in forma pubblica. Le immagini devono categoricamente
essere 1024 x 762 cm.i in estensione jpeg.
riferimenti
bibliografici
- Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica,
Feltrinelli,
Milano, 1975
- H. Wollflin, Principi fondamentali della storia dell’arte, Firenze,
Sansoni, 1991
- Marshall Mc Luhan, Gli strumenti del comunicare, Milano,
1964
- Mario Perniola, L’estetica del 900, Il Mulino, Bologna,
1997
[1] Ludovico
Quaroni, Progettare un edificio, otto
lezioni d’architettura, Mazzotta, Milano, 1977, pp.81-82.
[2] S. Giedion, L’eterno presente, Feltrinelli, Milano,
1965, p. 530.
[4] Le installazioni di Richard Serra o di Michael Heizer, a partire dalla fine
degli anni sessanta, hanno rappresentato una prima appropriazione complessa da
parte degli artisti plastici dei concetti di esperibilità di un luogo
attraverso processi psico motori e di uso della memoria come strumento di
appropriazione spaziale.
martedì 16 ottobre 2012
martedì 9 ottobre 2012
10_10_2012_EXTEMPORE
Università degli studi di Genova
Facoltà di architettura
Laboratorio
di progettazione architettonica IB arch. Massimiliano Giberti
Street Life
10.10.12
Forme
di privatizzazione dello spazio collettivo
Extempore
Obiettivi e metodi
definizione del campo
Nel settembre del 2011,
migliaia di persone provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti e dal resto
del mondo, si sono riunite a New York per protestare contro una serie di
ingiustizie, a loro avviso perpetrate dall’1% della popolazione mondiale (le
elites politiche e economiche) ai danni del restante 99%. Il gruppo,
organizzato in forme semispontanee e in costante contatto tramite l’utilizzo di
network non ufficiali, ha dibattuto, resistito, e occupato in modo non violento
l’area di Wall Street per più di duecento giorni. Tra le varie forme di
divulgazione utilizzate, il movimento Occupy Wall Street ha prodotto una serie
di utili manuali che fornissero istruzioni semplici e chiare agli occupanti su
come fosse possibile accedere abusivamente ad alloggi sfitti nell’area di
Manhattan, sulle migliori zone ancora libere per installare una tenda o un
accampamento improvvisato, per arrivare alla definizione di un linguaggio dei
segni utile per esprimere rapidamente la propria opinione durante i dibattiti collettivi.
Un numeroso gruppo di persone che gestisce i propri rapporti, i programmi di
lotta e le scelte di indirizzo strategico, attraverso la rete e i social
netwok, che sono un medium non fisico e quindi non spaziale, sente la necessità
di istruire una serie di guide pratiche che risolvano questioni marcatamente
materiali e corporee. Nel perimetro di Zuccotti Park, per la prima volta nella
storia dei movimenti di massa, si verifica una inversione nel rapporto tra
spazio pubblico e manifestante: le forme di occupazione abusiva, di
esplorazione dei vuoti urbani e di comunicazione fra individui, nascono sotto
la spinta di un sistema immateriale e producono nuove modalità di uso della
città.
Nello stesso periodo una
mostra evento alla galleria newyorkese Storefront for Art and Architecture ha
indagato le infinite possibilità di riappropriazione spontanea degli spazi
urbani da parte dei cittadini stessi. Le strategie di occupazione pubblica che
hanno dato il titolo alla sei giorni di incontri e performances all’interno e
nei dintorni della galleria, sono una forma di disobbedienza civile che,
contravvenendo alle regole di uso imposte dalle amministrazioni pubbliche, ci
consente di scoprire una città tutta nuova.
Il concept della
manifestazione nasce da un semplice bando aperto a tutti, nel quale si
richiedeva di inviare idee per la costruzione di un nuovo ordine globale. La
risposta sono stati più di cento progetti che spaziano da piccole unità
abitabili autosufficienti, fino a modelli aggregativi temporanei per
l’occupazione di piazze e parchi.
Il movimento globale
OccupyWall Street ha definito un nuovo modello di occupazione pacifica dei
luoghi urbani più simbolici. Oggi in tutti gli Stati Uniti artisti, architetti
e critici, insieme a esperti di urbanistica e diritto civile offrirono una
serie di visioni alternative sul ruolo dello spazio pubblico come catalizzatore
sociale, fino ad arrivare alla organizzazione di wokshop che mostrano come
appropriarsi di piccole aree abbandonate da curare e rigenerare come il proprio
giardino di casa.
Si sta consolidando l’idea che l’unica forma
di gestione dello spazio pubblico sia quella che ci consente di viverlo come
una piccola porzione di spazio privato all’aperto. Orti, parchi, terrazze
verdi, come estensione della propria casa: l’homo urbanus sta adottando e
colonizzando i luoghi collettivi, gestendoli in modo quasi privatistico. Se ciò
che è pubblico non appartiene formalmente a nessuno ed è quindi oggetto di abbandono
e degrado, allora è preferibile riappropriarsi della res pubblica attraverso
una cura capillare che genera infiniti microspazi privati e allo stesso tempo
collettivi.
Abitare lo spazio pubblico
Quante azioni compiamo in
una giornata all’interno delle mura di casa? Quante effettivamente sono azioni
obbligate, che non potremmo compiere altrove? Mangiare, dormire, studiare,
lavorare, incontrare gli amici, guardare un film: tutte attività specifiche che
possiamo associare alla dimensione domestica, ma che di fatto è molto semplice
realizzare anche in un contesto più pubblico, servendoci degli spazi che la
città ci mette a disposizione. E’ troppo facile associare l’idea di “mangiare
fuori” a quella di un ristorante, o di “guardare un film in compagnia”,
immaginando un cinema, e così via.
Più complesso risulta l’esercizio
di proiettare queste azioni quotidiane e consolidate nei nostri comportamenti
sociali e privati, in quegli spazi urbani che non abbiano una vocazione
funzionale chiara e prestabilita.
Piazze, giardini, strade,
portici, aree di parcheggio, isole spartitraffico, sono di fatto luoghi aperti
e accessibili a chiunque che non sempre favoriscono un uso e una colonizzazione
spontanea da parte di noi semplici cittadini. Diversi movimenti collettivi, tra
i quali si cita per tutti Parkingday.org, cercano di sensibilizzare le persone
verso la riappropriazione di spazi e luoghi apparentemente pubblici che
risultano interclusi ai cittadini stessi. Immaginate di occupare lo spazio di
un parcheggio a pagamento, inserendo la moneta nel parchimetro, sostituendo all’auto
un prato sintetico, una sedia a sdraio e un barbecue: l’effetto sarebbe straniante!
Obiettivi
L’extempore immagina di
compiere un’azione quotidiana che normalmente viene svolta da ciascuno studente
all’interno della propria casa, occupando temporaneamente uno spazio pubblico,
ma deputato ad altri usi.
Posteggi, aree di
carico-scarico, marciapiedi, isole spartitraffico, banchine di attesa dei mezzi
pubblici, cabine del telefono, portici di ingresso di edifici pubblici ecc…
diventeranno attraverso il solo uso del proprio corpo e senza l’aiuto di
oggetti di arredo tradizionali, porzioni della propria casa, proiettati nella
città.
Gli studenti organizzati in
coppie dovranno costruire una sequenza di immagini (foto o video) che
raccontino l’esperienza dell’azione compiuta e dimostrino come sia possibile
colonizzare gli spazi pubblici della città, abitandoli in modo privatistico,
anche solo per un breve periodo di tempo.
Il video o la slideshow
dovranno durare al massimo 60 secondi e dovranno chiarire l’azione proposta e
le modalità attraverso la quale questa viene attivata.
Non sono ammessi
fotomontaggi: tutto quello che è presentato deve essere effettivamente accaduto
e documentato.
Le azioni dovranno prevedere
forme di uso legale dello spazio, senza invadere proprietà private e
rispettando l’uso che altre persone stanno facendo dello stesso spazio, senza
impedirne la fruizione o l’accesso.
Per le regole di
comportamento da tenere durante la performance, si faccia riferimento al
manuale del Parkingday, scaricabile dal sito dell’organizzazione
riferimenti
http://parkingday.org
http://guerillagardening.org
http://nycsr.org
http://sfpavementtoparks.sfplanning.org
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