Università degli studi di Genova
Facoltà di architettura
Laboratorio
di progettazione architettonica IB arch. Massimiliano Giberti
Street Life
10.10.12
Forme
di privatizzazione dello spazio collettivo
Extempore
Obiettivi e metodi
definizione del campo
Nel settembre del 2011,
migliaia di persone provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti e dal resto
del mondo, si sono riunite a New York per protestare contro una serie di
ingiustizie, a loro avviso perpetrate dall’1% della popolazione mondiale (le
elites politiche e economiche) ai danni del restante 99%. Il gruppo,
organizzato in forme semispontanee e in costante contatto tramite l’utilizzo di
network non ufficiali, ha dibattuto, resistito, e occupato in modo non violento
l’area di Wall Street per più di duecento giorni. Tra le varie forme di
divulgazione utilizzate, il movimento Occupy Wall Street ha prodotto una serie
di utili manuali che fornissero istruzioni semplici e chiare agli occupanti su
come fosse possibile accedere abusivamente ad alloggi sfitti nell’area di
Manhattan, sulle migliori zone ancora libere per installare una tenda o un
accampamento improvvisato, per arrivare alla definizione di un linguaggio dei
segni utile per esprimere rapidamente la propria opinione durante i dibattiti collettivi.
Un numeroso gruppo di persone che gestisce i propri rapporti, i programmi di
lotta e le scelte di indirizzo strategico, attraverso la rete e i social
netwok, che sono un medium non fisico e quindi non spaziale, sente la necessità
di istruire una serie di guide pratiche che risolvano questioni marcatamente
materiali e corporee. Nel perimetro di Zuccotti Park, per la prima volta nella
storia dei movimenti di massa, si verifica una inversione nel rapporto tra
spazio pubblico e manifestante: le forme di occupazione abusiva, di
esplorazione dei vuoti urbani e di comunicazione fra individui, nascono sotto
la spinta di un sistema immateriale e producono nuove modalità di uso della
città.
Nello stesso periodo una
mostra evento alla galleria newyorkese Storefront for Art and Architecture ha
indagato le infinite possibilità di riappropriazione spontanea degli spazi
urbani da parte dei cittadini stessi. Le strategie di occupazione pubblica che
hanno dato il titolo alla sei giorni di incontri e performances all’interno e
nei dintorni della galleria, sono una forma di disobbedienza civile che,
contravvenendo alle regole di uso imposte dalle amministrazioni pubbliche, ci
consente di scoprire una città tutta nuova.
Il concept della
manifestazione nasce da un semplice bando aperto a tutti, nel quale si
richiedeva di inviare idee per la costruzione di un nuovo ordine globale. La
risposta sono stati più di cento progetti che spaziano da piccole unità
abitabili autosufficienti, fino a modelli aggregativi temporanei per
l’occupazione di piazze e parchi.
Il movimento globale
OccupyWall Street ha definito un nuovo modello di occupazione pacifica dei
luoghi urbani più simbolici. Oggi in tutti gli Stati Uniti artisti, architetti
e critici, insieme a esperti di urbanistica e diritto civile offrirono una
serie di visioni alternative sul ruolo dello spazio pubblico come catalizzatore
sociale, fino ad arrivare alla organizzazione di wokshop che mostrano come
appropriarsi di piccole aree abbandonate da curare e rigenerare come il proprio
giardino di casa.
Si sta consolidando l’idea che l’unica forma
di gestione dello spazio pubblico sia quella che ci consente di viverlo come
una piccola porzione di spazio privato all’aperto. Orti, parchi, terrazze
verdi, come estensione della propria casa: l’homo urbanus sta adottando e
colonizzando i luoghi collettivi, gestendoli in modo quasi privatistico. Se ciò
che è pubblico non appartiene formalmente a nessuno ed è quindi oggetto di abbandono
e degrado, allora è preferibile riappropriarsi della res pubblica attraverso
una cura capillare che genera infiniti microspazi privati e allo stesso tempo
collettivi.
Abitare lo spazio pubblico
Quante azioni compiamo in
una giornata all’interno delle mura di casa? Quante effettivamente sono azioni
obbligate, che non potremmo compiere altrove? Mangiare, dormire, studiare,
lavorare, incontrare gli amici, guardare un film: tutte attività specifiche che
possiamo associare alla dimensione domestica, ma che di fatto è molto semplice
realizzare anche in un contesto più pubblico, servendoci degli spazi che la
città ci mette a disposizione. E’ troppo facile associare l’idea di “mangiare
fuori” a quella di un ristorante, o di “guardare un film in compagnia”,
immaginando un cinema, e così via.
Più complesso risulta l’esercizio
di proiettare queste azioni quotidiane e consolidate nei nostri comportamenti
sociali e privati, in quegli spazi urbani che non abbiano una vocazione
funzionale chiara e prestabilita.
Piazze, giardini, strade,
portici, aree di parcheggio, isole spartitraffico, sono di fatto luoghi aperti
e accessibili a chiunque che non sempre favoriscono un uso e una colonizzazione
spontanea da parte di noi semplici cittadini. Diversi movimenti collettivi, tra
i quali si cita per tutti Parkingday.org, cercano di sensibilizzare le persone
verso la riappropriazione di spazi e luoghi apparentemente pubblici che
risultano interclusi ai cittadini stessi. Immaginate di occupare lo spazio di
un parcheggio a pagamento, inserendo la moneta nel parchimetro, sostituendo all’auto
un prato sintetico, una sedia a sdraio e un barbecue: l’effetto sarebbe straniante!
Obiettivi
L’extempore immagina di
compiere un’azione quotidiana che normalmente viene svolta da ciascuno studente
all’interno della propria casa, occupando temporaneamente uno spazio pubblico,
ma deputato ad altri usi.
Posteggi, aree di
carico-scarico, marciapiedi, isole spartitraffico, banchine di attesa dei mezzi
pubblici, cabine del telefono, portici di ingresso di edifici pubblici ecc…
diventeranno attraverso il solo uso del proprio corpo e senza l’aiuto di
oggetti di arredo tradizionali, porzioni della propria casa, proiettati nella
città.
Gli studenti organizzati in
coppie dovranno costruire una sequenza di immagini (foto o video) che
raccontino l’esperienza dell’azione compiuta e dimostrino come sia possibile
colonizzare gli spazi pubblici della città, abitandoli in modo privatistico,
anche solo per un breve periodo di tempo.
Il video o la slideshow
dovranno durare al massimo 60 secondi e dovranno chiarire l’azione proposta e
le modalità attraverso la quale questa viene attivata.
Non sono ammessi
fotomontaggi: tutto quello che è presentato deve essere effettivamente accaduto
e documentato.
Le azioni dovranno prevedere
forme di uso legale dello spazio, senza invadere proprietà private e
rispettando l’uso che altre persone stanno facendo dello stesso spazio, senza
impedirne la fruizione o l’accesso.
Per le regole di
comportamento da tenere durante la performance, si faccia riferimento al
manuale del Parkingday, scaricabile dal sito dell’organizzazione
riferimenti
http://parkingday.org
http://guerillagardening.org
http://nycsr.org
http://sfpavementtoparks.sfplanning.org
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