martedì 9 ottobre 2012

10_10_2012_EXTEMPORE


Università degli studi di Genova Facoltà di architettura

Laboratorio di progettazione architettonica IB arch. Massimiliano Giberti

Street Life                                                          10.10.12

Forme di privatizzazione dello spazio collettivo

 

Extempore

 



Obiettivi e metodi

definizione del campo


Nel settembre del 2011, migliaia di persone provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti e dal resto del mondo, si sono riunite a New York per protestare contro una serie di ingiustizie, a loro avviso perpetrate dall’1% della popolazione mondiale (le elites politiche e economiche) ai danni del restante 99%. Il gruppo, organizzato in forme semispontanee e in costante contatto tramite l’utilizzo di network non ufficiali, ha dibattuto, resistito, e occupato in modo non violento l’area di Wall Street per più di duecento giorni. Tra le varie forme di divulgazione utilizzate, il movimento Occupy Wall Street ha prodotto una serie di utili manuali che fornissero istruzioni semplici e chiare agli occupanti su come fosse possibile accedere abusivamente ad alloggi sfitti nell’area di Manhattan, sulle migliori zone ancora libere per installare una tenda o un accampamento improvvisato, per arrivare alla definizione di un linguaggio dei segni utile per esprimere rapidamente la propria opinione durante i dibattiti collettivi. Un numeroso gruppo di persone che gestisce i propri rapporti, i programmi di lotta e le scelte di indirizzo strategico, attraverso la rete e i social netwok, che sono un medium non fisico e quindi non spaziale, sente la necessità di istruire una serie di guide pratiche che risolvano questioni marcatamente materiali e corporee. Nel perimetro di Zuccotti Park, per la prima volta nella storia dei movimenti di massa, si verifica una inversione nel rapporto tra spazio pubblico e manifestante: le forme di occupazione abusiva, di esplorazione dei vuoti urbani e di comunicazione fra individui, nascono sotto la spinta di un sistema immateriale e producono nuove modalità di uso della città.
Nello stesso periodo una mostra evento alla galleria newyorkese Storefront for Art and Architecture ha indagato le infinite possibilità di riappropriazione spontanea degli spazi urbani da parte dei cittadini stessi. Le strategie di occupazione pubblica che hanno dato il titolo alla sei giorni di incontri e performances all’interno e nei dintorni della galleria, sono una forma di disobbedienza civile che, contravvenendo alle regole di uso imposte dalle amministrazioni pubbliche, ci consente di scoprire una città tutta nuova.
Il concept della manifestazione nasce da un semplice bando aperto a tutti, nel quale si richiedeva di inviare idee per la costruzione di un nuovo ordine globale. La risposta sono stati più di cento progetti che spaziano da piccole unità abitabili autosufficienti, fino a modelli aggregativi temporanei per l’occupazione di piazze e parchi.
Il movimento globale OccupyWall Street ha definito un nuovo modello di occupazione pacifica dei luoghi urbani più simbolici. Oggi in tutti gli Stati Uniti artisti, architetti e critici, insieme a esperti di urbanistica e diritto civile offrirono una serie di visioni alternative sul ruolo dello spazio pubblico come catalizzatore sociale, fino ad arrivare alla organizzazione di wokshop che mostrano come appropriarsi di piccole aree abbandonate da curare e rigenerare come il proprio giardino di casa.
Si sta consolidando l’idea che l’unica forma di gestione dello spazio pubblico sia quella che ci consente di viverlo come una piccola porzione di spazio privato all’aperto. Orti, parchi, terrazze verdi, come estensione della propria casa: l’homo urbanus sta adottando e colonizzando i luoghi collettivi, gestendoli in modo quasi privatistico. Se ciò che è pubblico non appartiene formalmente a nessuno ed è quindi oggetto di abbandono e degrado, allora è preferibile riappropriarsi della res pubblica attraverso una cura capillare che genera infiniti microspazi privati e allo stesso tempo collettivi.

Abitare lo spazio pubblico


Quante azioni compiamo in una giornata all’interno delle mura di casa? Quante effettivamente sono azioni obbligate, che non potremmo compiere altrove? Mangiare, dormire, studiare, lavorare, incontrare gli amici, guardare un film: tutte attività specifiche che possiamo associare alla dimensione domestica, ma che di fatto è molto semplice realizzare anche in un contesto più pubblico, servendoci degli spazi che la città ci mette a disposizione. E’ troppo facile associare l’idea di “mangiare fuori” a quella di un ristorante, o di “guardare un film in compagnia”, immaginando un cinema, e così via.
Più complesso risulta l’esercizio di proiettare queste azioni quotidiane e consolidate nei nostri comportamenti sociali e privati, in quegli spazi urbani che non abbiano una vocazione funzionale chiara e prestabilita.
Piazze, giardini, strade, portici, aree di parcheggio, isole spartitraffico, sono di fatto luoghi aperti e accessibili a chiunque che non sempre favoriscono un uso e una colonizzazione spontanea da parte di noi semplici cittadini. Diversi movimenti collettivi, tra i quali si cita per tutti Parkingday.org, cercano di sensibilizzare le persone verso la riappropriazione di spazi e luoghi apparentemente pubblici che risultano interclusi ai cittadini stessi. Immaginate di occupare lo spazio di un parcheggio a pagamento, inserendo la moneta nel parchimetro, sostituendo all’auto un prato sintetico, una sedia a sdraio e un barbecue: l’effetto sarebbe straniante!

Obiettivi

L’extempore immagina di compiere un’azione quotidiana che normalmente viene svolta da ciascuno studente all’interno della propria casa, occupando temporaneamente uno spazio pubblico, ma deputato ad altri usi.
Posteggi, aree di carico-scarico, marciapiedi, isole spartitraffico, banchine di attesa dei mezzi pubblici, cabine del telefono, portici di ingresso di edifici pubblici ecc… diventeranno attraverso il solo uso del proprio corpo e senza l’aiuto di oggetti di arredo tradizionali, porzioni della propria casa, proiettati nella città.
Gli studenti organizzati in coppie dovranno costruire una sequenza di immagini (foto o video) che raccontino l’esperienza dell’azione compiuta e dimostrino come sia possibile colonizzare gli spazi pubblici della città, abitandoli in modo privatistico, anche solo per un breve periodo di tempo.
Il video o la slideshow dovranno durare al massimo 60 secondi e dovranno chiarire l’azione proposta e le modalità attraverso la quale questa viene attivata.
Non sono ammessi fotomontaggi: tutto quello che è presentato deve essere effettivamente accaduto e documentato.
Le azioni dovranno prevedere forme di uso legale dello spazio, senza invadere proprietà private e rispettando l’uso che altre persone stanno facendo dello stesso spazio, senza impedirne la fruizione o l’accesso.
Per le regole di comportamento da tenere durante la performance, si faccia riferimento al manuale del Parkingday, scaricabile dal sito dell’organizzazione
riferimenti
http://parkingday.org
http://guerillagardening.org
http://nycsr.org
http://sfpavementtoparks.sfplanning.org

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